chiesa affrescoA tutta prima, l'etimologia più ovvia e più a orecchio, richiamandoci a una panca e a una rana, ci fa ripensare a una pianura paludosa e triste, ove nelle notti non odasi altro che un monotono gracidare.

La ricerca delle etimologie è cosa delicatissima sempre, e irta di difficoltà. Quando infatti tu credi d'averne azzeccata una come sicura, ecco una variante balzata da un documento vecchio che te la distrugge, e ti senti nuovamente in alto mare.

Tuttavia, ad una etimologia così semplice come quella accennata pel nostro paese non sento di dovermi adattare. Alla mente occorrerebbe anche quella di pane e di caro, ne mancano nomi composti con pane come ad esempio: Pamparato; ma le grafie più antiche orientano verso un'etimologia forse più giusta, certo più seducente. I Bollandisti derivano da una Pancariana o Villa Sancti Pancrati, contro ogni verosimiglianza e contro le forme varie offertici dai secoli.

Intanto, il documento più antico, quello cioè di Urbano III (8 giugno 1187) ci dà Pancariana e appunto lo jota che vi suona può legittimare, come dissi, un'etimologia diversa da quella che ci richiama ai batraci.

Un titulus di catacomba, ora nel museo Capitolino di Roma, reparto Cristiano, dice: Pancaria in pace. Una siatio Panchariana nell'Africa Uticense è ricordata da Amuniano Marcellino (sec.IV) come una sede delle legioni romane.

Nel greco, pancharés (panchará nel dialetto dorico) da pan = tutto, charis - grazia, significa: tutto grazioso, tutto bello.

Nel caso nostro sarebbe dunque Panchariana una denominazione antichissima, pittoresca, coreografica, come se ne hanno in tutti i luoghi e in tutti i tempi.

La grafia offertaci dalla Visita pastorale del Fossolani in nome del Vescovo Ammanati Piccolonini, (a. 1460), se lascia cadere lo jota, mantiene l'h, che riflette, col c, il chi greco di charis (grazia), come del resto si conserva nella matricola dei notai pavesi nell'ingresso tra questi, l'anno 1522, di Cristoforo de Paoli de loco Pancharane come si mantiene pure nel Compartitus cleri papiensis del sec. XV.

In una parola, si tratterebbe di una statio o di una mansio o di una villa tutta graziosa e bella? Forse il luogo sul Po era più frequentato che ora da mercanti, da pellegrini che amavano chiamarlo così. Oppure, come nel nostro contado abbiamo Quinziano (da Cuinto), Giovenzano (da Giovenco), Albuzzano (da Albucio), il nostro paese potè avere il suo nome da un Pancario o da una pancaria che vi avessero dimora, e pertanto Mansio, Statio, Villa Pancariana, cioè di Pancario o di Pancarana, e veniamo ricondotti sempre a un'origine greca.

Ecco dunque un'ipotetica etimologia di quei secoli dell'alto Medio Evo che tante denominazioni presero dal greco, come da lingua allora compresa e parlata da una parte della popolazione. Ed ha ragione il Capsoni di esporre il sospetto (senza peraltro giustificarlo) che questa forma Pancarana sia, come tante altre, di origine greca.

Naturalmente, con gli anni, cessate le circostanze che l'avevano originata, una etimologia così alta pote non comprendersi più e s'andò obliterando, e di Pancharana e di Pancarana rimase solo il Pancarana che dominò dal sec. XVI in poi e non ci richiama più ad un concetto di bellezza. E poiché in questi ultimi anni, paesi e città vanno riprendendo le loro denominazioni più antiche o più esatte, sarebbe giusto che nel modesto nome del nostro paese si restituisse quell'antico jota che può legittimare una etimologia così lontana e così pittoresca, e forse più vera.

 

II. Territorio e popolazione

 

II territorio di Pancarana è situato a gradi 3°24' di longitudine ovest di M. Mario (Roma) ed a 45°4' di latitudine Nord. E' a metri 68 sul livello del mare. Esso giace quasi interamente sulla riva destra del Po e confina: a nord con Mezzana Rabattone, a est con Bastida Pancarana e Castelletto di Branduzzo, a sud con Pizzale e Voghera, a ovest con Cervesina. La sua superficie misura Ettari 616 pari a pertiche milanesi 9200 circa ed è così ripartita:

 

Superficie agraria forestale: Ettari 539

Superficie agraria improduttiva: Ettari 77

Superficie territoriale: Ettari 616

 

Il terreno è argilloso, alluvionale, ottimo per la cultura del grano. La produzione accertata nel 1929 è la seguente:

 

COLTURA

Superficie (ettari)

 

Media per ettaro

 

Totale

 

Media del 

sessennio 1923-28

 

Frumento

198

27

5346

20,8

Granoturco

96

40

3840

44,60

Foraggi

--

--

11869

--

Viti

37

--

555

--

Boschi

94

--

--

 --

 

Tale produzione sarà certamente aumentata in questi ultimi anni per effetto dei nuovi metodi di coltivazione dei terreni e per l'impulso dato all'agricoltura dalla battaglia del grano.

Nel 1861 la superficie misurava Ettari 1013 ed anteriormente era più vasta.

Da una Carta del Principato di Pavia, del 1654, si rileva che il territorio di Mezzana Rabattone (ivi segnato Mezzano di Rabatton). E' probabile che un tempo Mezzana sia dipesa da Pancarana come si può arguire da un rogito del Notaio Griffi del 1411 in cui si parla di Mezzana de Pancarana.

Nel 1824 il Marchese Mandelli, proprietario di vasti territori in Mezzana, fece rettificare a sue spese il corso del Po per salvare l'abitato di Zinasco di Cervesina. Così Pancarna e Mezzana furono separate.

L'alveo abbandonato del Po lo si può identificare attualmente nelle paludi delle Cascine Mare e Zainera e nelle depressioni della Cascine Bombardone e Demania..

Nel secolo scorso il territorio di Pancarana fu sensibilmente modificato anche dal corso della Staffora la quale correva tutta nel territorio di Cervesina, Nel 1859 uno spostamento del Po di fronte alla frazione Buschi formò la cosìddetta Isola di Cervesina e la Staffora corse sulle alluvioni padane ove si ormò un nuovo alveo. L'Isola che prima apparteneva a Zinasco fu aggregata a Cervesina.

 

Pancarana, fino a vent'anni or sono era difesa dalle inondazioni del Po da un argine, in parte detto delle Battere, costruito in consorzio con i vicini Comuni di Cervesina, di Bastida Pancarna e di Branduzzo. L'Argine, che era costato immensi sacrifici di denaro ai pancaranesi i quali, solo nel 1912 avevano speso L. 75.791 ottenute in prestito mediante mutuo colla Cassa Depositi e Prestiti, si rivelò, in occasione di straripamenti, insufficientemente solido, inadeguato allo scopo per cui era stato costruito, tant'è vero che il paese e buona parte del suo territorio furono più volte invasi e gravemente danneggiati specialmente durante le piene del 1879, del 1907, del 1917 e del maggio 1926 in cui molti campi già rigogliosi di messi furono coperti di melma. Nel 1926 fu iniziata la costruzione, a spese del Demanio dello Stato, dell'attuale argine di seconda Categoria che corre rettilineo da Pancarana al Ponte tubolare in ferro di Bastida Pancarana (detto di Mezzana Corti) ed al piede dell'argine stesso è stato innalzato un riparo in blocchi di cemento fino alla foce del torrente Luria. Con tali difese l'abitato ed il territorio di Pancarana sono garantiti contro future irruenze delle acque del Po.

Gli abitanti di Pancarana sono in gran parte piccoli proprietari dediti all'agricoltura cui hanno data grande incremento in questi ultimi decenni specialmente con la battaglia del grano voluta dal Capo del Governo, Duce del Fascismo, Benito Mussolini, nel 1925.

Il paese conta ora 646 abitanti. Ne contava da 150 a 200 nel 1392; 500 circa nel 1460; 462 nel 1598; 151 nel 1630; 335 nel 1699; 378 nel 1788; 730 nel 1861.

Non vi sono industrie, tranne quella delle cave di ghiaia nel Po. Vi mancano istituti di beneficenza e l'asilo infantile di cui è vivamente sentito il bisogno.

 

III. Le Origini

 

La data di nascita di questo piccolo Comune non è possibile stabilirla.

Quasi tutti i paesi derivano la loro vita da necessità contingenti, individuali o collettive, di carattere economico o di altra natura. Una capanna costruita al margine di un sentiero o di una strada o su di una collina e via dicendo, in terreno fertile da cui si possano ricavare i mezzi di vita, può costituire il nucleo vitale di un futuro villaggio. Tale può essere l'umile origine del paese di cui stiamo parlando. Il quale sappiamo essere antichissimo, certamente anteriore all'anno mille. Se volessimo far credito al nome e basarci sulla sua etimologia per stabilire l'epoca approssimativa in cui sorse il paese che lo porta, saremmo tratti a supporre che Pancarana esistesse di già alcuni secoli prima del mille. Ma è vano dilungarci in elucubrazioni che nulla di certo conferiscono all'argomento.

Lo storico Pietro Terenzio, in un suo pregevolissimo opuscolo ci fa sapere che nell'anno 943 gli imperatori Ugo e Lotario donarono in feudo al Vescovo di Pavia il territorio di Pancarana insieme a quello di altri comuni. Tale donazione fu poi confermata dall'Imperatore Ottone nel 977 (21 novembre) e dall'Imperatore Enrico III, nel 1044. Nel 1466 (20 ottobre) il feudo fu subaffittato dal Vescovo di Pavia a Pietro dal Verme.

Il documento più antico in cui è menzionato il nome di Pancarana (Pancariana) è un diploma dell'8 giugno 1187 col quale Papa Urbano III prende sotto la sua protezione il chiostro di S. Agata di Pavia e garantisce le immunità e i possessi in Casei, Pontecurone, Coriana, Pancariana, ecc. Alle memorie storiche si intrecciano le leggende che hanno sapore storico e delle quali i popoli si pascolano volentieri. Ne citiamo una relativa al nostra paese. Alcuni vecchi raccontano di aver sentito dire dai loro avi che Pancarana fu distrutta dall'Imperatore Federico Barbarossa per vendicare l'uccisione di un soldato tedesco al suo seguito, compiuta dai pancaranesi.

Noi sappiamo che il Barbarossa distruggeva inesorabilmente le città ed i villaggi ribelli. Ne fanno fede Asti, Chieri, Tortona, Crema, Milano ed altre città. Sappiamo che egli fu da noi dal 1155 al 1176, anno in cui fu sconfitto definitivamente a Legnano.

 

Altro documento storico e del 13 novembre 1194 col quale certo Marescotto e Ghingellotto Rayna, Musso Gonberto e Guglielmo Avvocato, cedono a Giacomo ed a Beltramo Giordano beni in Pancarana ed in Zinasco.

II testo originale del documento è il seguente:

"cum medietate decime de pancarana et cinaschi (Zinasco) usque ad staffollelas qui dividum terras de hospitale de be (th) lcm et de biscossis a predicta decima pancarane usque ad divisas de porcione castelleti prater de terris et rebus folei sedacii (dazi) et de bricola et de medietate domus donice de pancarana cum medictate sediminis ubi est posita et cum medietate sediminis Ayraldini et cum sedimine baldi et curn sedimine Rubaldini et petri pichinucii et curn sedimine Armanini".

 

IV. Il secolo XIII

 

I documenti antichi sono molto scarsi e non possono fornirci che notizie frammentarie per la più di carattere patrimoniale o fiscale o religioso. Tuttavia essi ci forniscono qualche spunto sulla vita del nostro paese.

Del 1248 conosciamo una nota dei contributi delle terre dell'Oltrepò pavese per le spese di una cavalcata contro Bonifacio II, Marchese del Monferrato.

Pancarana è tassata per L. 6 di denari pavesi.

"Item: a Comuni et hominibus Pancaranae libras VI. papiensium pro prestito suprascripto de predictis denariis eidem comuni "loci Inposito per comune papie de prestito suprascripto. Item solidos XL pro dacito carrorum IIII (quattuor)" ossia 40 soldi e 4 denari.

Nel catalogo delle terre del contado pavese redatto nel 1250 per servire di criterio all'estimo della proprietà fondiaria delle tre giurisdizioni del territorio di Pavia (comprendente il Comune pavese e Lomellina, l'Oltrepò e le terre paste fra Milano, Pavia e Lodi), Pancarana figura col contributo di soldi XX - XL.

Teobaldo del fu Martino di Montebello, alla presenza di Uberto Ferrario, Console pavese di giustizia, vende a Caracosa, badessa del Monastero di S. Cristoforo e di Gesù Cristo di Pavia, beni in Viboldone (luogo del territorio di Pancarana) e Donna, sua moglie, rinuncia ad ogni diritto ipotecario su di essi (3 settembre 1271).

"Item de perticis septem et Tabulis Septem vince fictum omni anno A Guidone e ulmo stari Tres et mina papie, furmenti, que vinea Jacet ubi dicitur ad putheum de porcarana. Ecco una località: il pozzo di Pancarana. Item ibi prope ubi dicitur ad ulmus de porcarana perticev Tres vince".

Manuele Spinola, potestà, e la Credenza del Comune di Pavia deliberano che i lavori del palazzo di Giustizia dell'Oltrepò pavese siano fatti a spese del Comune e del Consiglio dei notai di Pavia su dazi da pagarsi dai Comuni di Coirana e Pancarana (10 marzo 1289). Pancarana deve pagare L. 5 pavesi.

 

V. Il secolo XIV

 

Il documento 4 giugno 1392, rogato dal notaio Vescovo Albertolo Griffi, è certamente, tra quelli interessanti il nostro paese che mi è avvenuto di ritrovare, il più importante. Esso offre piena la fisionomia feudale del nostro paese dipendente dal suo Signore che era il Vescovo di Pavia.

Merita pertanto un po' di analisi.

Anzitutto il documento vuole richiamarsi, per affermare i diritti del Vescovo, a documenti più antichi dei quali ci reca le date: risaliamo perciò, con esso, al 1357 quando il Vescovo era Alcherio poi ben più addietro, all'anno 1227 quando era vescovo S. Fulco.

 

Questa è la data più documentata, che si sia potuto trovare sicura, delle dipendenze feudali di Pancarana dal Vescovo di Pavia. E non è poco per un piccolo paese come il nostro.

La dipendenza feudale è chiaramente espressa. Gli uomini e il Cornune di Pancarana, riuniti nella Chiesa di S. Pietro in Pancarana, giurano fedeltà al loro Signore che e il Vescovo di Pavia, come sono soliti fare gli altri paesani del Vescovado; ogni anno gli pagano per ogni singolo abitatore - capo di famiglia - e per ogni paio di buoi, tre staia pavesi di spelta, una mina di frumento, diciotto denari pavesi e due buoni pollastri, il tutto il primo agosto.

Dall'altra parte, gli uomini di Pancarana possono eleggere i Consoli per la loro terra ogni anno, salva sempre l'approvazione e la conferma del Vescovo. Ancora il Vescovo Signore ha il diritto di percepire la metà dei banni ossia pene pecuniarie da infliggersi, col consiglio del Vescovo, per malefizi ossia reati colpiti da multe e per lo scogozatico probabilmente multe inflitte per grave offesa di parole o di azione. L'altra metà è percepita dal Comune. La metà del ricavo di tutte queste multe spettante al Vescovo viene versata a questo ogni mese. Gli altri banni, il Comune potrà infliggere a proprio arbitrio e a proprio vantaggio.

Il Vescovo, ancora a sua volta, investe in enfiteusi perpetua il Comune di Pancarana, di tutti i beni, consuetudini, ragioni e onori che esso Comune tiene da secoli da parte del Vescovato di qua e di là del Po e particolarmente: del letto del Po Morto con i suoi diritti, accrescimenti e migliorie.

Interessante particolare: Dov'era allora questo Po Morto? Il capriccioso, potente fiume quali bizzarrie aveva già commesse?

Non sappiamo, ma certo in quell'anno 1392 si ricorda che quei Po morto esisteva nel 1227. Si fa tuttavia su questo letto di Po Morto una eccezione: "la ghiaia che si diceva essere nel mezzano della Scavizzata" la quale dunque non resta inelusa nell'investitura. Di un mezzano della Scavizzata non c'è piu traccia alcuna nei ricordi nostri, ma il Bossi, citando un manoscritto "Libro de' Vescovi" ch'egli lesse nell'Archivio della Cattedrale, ci informa che nell'anno 1299 il vescovo Guido Langosco ricuperò "co' denari et con l'industria et autorità sua le Possessioni di Bassignana, Breme, Briccola, Cellavegna, Pancarana, Ponticello, Sale, S. Spirito e Scavizzale, parte delle quali erano usurpate da chi non ne haveva alcuna ragione, e parte goduta da chi le haveva in pegno per qualche prestanza di denari fatta a' suoi antecessori".

Che cosa fosse questa Scavizzata di Robolini non sa dire altro se non che era un'isola. E ciò riflette nuovamente i capricci del re dei fiumi italiani. E si deve presumere che essa si trovasse press'a poco all'altezza di Pancarana. Anzi, facendosi più arditi nelle ipotesi, potremmo identificarla senz'altro nella odierna Mezzana Rabattone, facente parte, a quei tempi, del territorio di Pancarana.

Ma possiamo saperne qualcosa di più.

Una preziosa carta del 18 nov. 1195 ci informa che Siro Salimbene e Alberio di S. Sisto, arbitri eletti dalle due parti, danno sentenza in favore del Vescovo S. Lanfranco (1180-1198) sul possesso dell'isola del Po detta "Scavizzata". Uno dei testimoni, l'arciprete Pietro, dice di ricordarsi che I'isola si formò "eo tempore qua episcopus Petrus fuit mortuus non post multos dies...et credo quod "sint undecim anni quod orta fuit". Dunque questa isola formatasi nel Po pochi giorni dopo la morte del Vescovo Pietro (+ 1180) e che nel 1195 ha circa undici anni, entrò in quest'anno appunto a far parte non più controversa dei feudi del Vescovo.

Ancora: questo nostro documento ci informa in qualche modo del numero delle famiglie e perciò della popolazione, in quell'anno 1392. All'atto sono presenti il Podestà Andrea detto Barbiere da Modena, e un Console: Perrino Polli fu Gilio. Seguono gli homines di Pancarana che costituiscono la maggiore e più sana parte del Comune, anzi i tre quarti di tutti gli abitanti. Interessanti ne sono le parentele: Luchino Sannazzari fu Tommasino, Agostello di Cairo fu Otello, Giacomotto Cambione fu Gilio, Giovanni Bracco fu Antonello, Antonio Reali fu Pietro, Giacomino Franceschi fu Marco, Giovanni Cagno fu Giacomo, Ansermino Casini fu Proto, Zanino Francischella fu Ubertino, il lungo, Franzono Brugnolo fu...?..., Bertolino Allegrezza fu Antonio, Giovanni di S. Morisco fu Perrino, Antonio di S. Morisco fu Perrino, Beltramino da Vigevano fu Marco.

Pertanto, col Podestà e col Console sono 16 uomini, ossia 16 capi famiglia che costituiscono i tre quarti della popolazione. Aggiungiamo il nome di alcuni altri uomini che si presentarono in palazzo Vescovile, per la cerimonia della investitura seguita al giuramento di fedeltà emesso nella Chiesa parrocchiale di Pancarna, e sono: Martino Reali fu Pietro, certamente fratello dell'Antonio già nominato, Giacomino Corvo fu Giovanni, per sè e pel fratello Ubertello, che è malato, Giacomotto Reali, Lorenzo Garro, Giacomello Garro fu Antonio, Bernardo Provenzale, Zanone Reali, Martino Francese fu Michele di Lione (probabilmente: Martino il Francese, oriundo di Lione, in Francia).

Questi altri 9 uomini di Pancarana (forse l'altro quarto della popolazione) uniti ai 16 sopradetti fanno la somma totale di 25; e se poniamo che siano altrettanti capi famiglia potremo ritenere una popolazione complessiva ammontante a circa 170-200 anime.

 

Interessanti anche le parentele. Di queste non troviamo oggi più traccia del nostro paese.

Evidentemente le vicende non hanno permesso alle famiglie di radicarvisi tanto a lungo. Oggi, però, abbiamo parentele come i De Paoli (già de' Paulo), i Marchesoni, Brameri, Minudri, Martinotti, Maretta, Soave, Barbieri, Debiaggi, Grandi, che, se non risalgono a quei secoli antichi pure, come risulta dai rogiti notarili e da registri esistenti nell'archivio parrocchiale, prosperavano da noi già nei secoli XVI e XVII.

Verso la fine del documento, una clauso!a fa una riserva: se un maiale selvatico, maschio o femmina, un cinghiale insomma, (come si vede vivevano i cinghiali nei nostri boschi e si cibavano di ghiande) sarà catturato in Pancarana o nel territorio, la testa sarà di spettanza del Vescovo.

A giurare fedeltà al Vescovo sono tenuti entro quindici giorni dall'arrivo, tutti coloro che vengono a prender domicilio in Pancarana. Due volte nel documento si fa una eccezione: coloro che sono cittadini pavesi, pure abitando in Pancarana, sano esenti dal tributo materiale.

E finalmente questo giuramento di fedeltà, compiuto con molta solennità alla presenza del prevosto di S. Michele di Pavia, che tiene in mano una penna in segno del potere di investitura, importa non solo l'obbedienza e il rispetto, ma anche la difesa, per quanto è possibile, delle membra, della vita e dell'onore del Vescovo, contro coloro che vi attentassero. Si comprende che tutto ciò fa parte del formulario, ma il formulario era certamente antico e ci richiama così addietro chissà quanti secoli!

Del secolo XIV abbiamo altre notizie. Il 6 giugno 1377, il Vescovo Francesco Sottoriva conferisce al prete Bartolomeo della Rona l'archipresbiterato della Chiesa di S. Pietro di Pancarana dopo che questi ebbe prestato giuramento di fedeltà e di obbedienza. Dal documento risulta che il suo predecessore si chiamava Martino de la Fragia il quale era pure arciprete. E sino a quell'anno almeno, la Chiesa di S. Pietro di Pancarana era anche collegiata ossia era officiata da canonici dei quali, evidentemente, l'arciprete doveva essere a capo. Ne abbiamo un cenno solo, ma è sufficiente: il Vescovo Sottoriva, il di 23 marzo 1377 promuove dal suddiaconato al diaconato un tale Guglielmo de Sancto Maurilio, canonico nella chiesa di S. Pietro di Pancarana, a titolo di detto canonicato. Si trattava dunque di un canonicato diaconale. A riprova, troviamo nella visita pastorale del 1460 che il parroco, interrogato in proposito, risponde che appunto in tempo passato la Chiesa era stata officiata da Canonici i cui possessi andarono corrosi e devastati dal Po.

Altro documento interessante è il seguente che fa parte dei registri di Amministrazione dei duchi Visconti e Sforza: nel'1383, il giudice delle strade di Pavia emanava un ordine di divisione e ripartizione di coloro che dovevano contribuire a riattare le strade maestre dell'Oltrepò e di altri luoghi. Ora, per la strada che inizia da Voghera e va al porto di Sommo, passando per Pancarana, dovevan concorrere le terre di Voghera, la Podesteria di Nazano, di Mondondone, la terra di Cecima et locus Pancharanae.

 

 

VI. Il secolo XV

 

L'anno 1421, il 23 agosto, fondando una cappella in onore di S. Maria in Duomo di Pavia, il Vescovo Pietro Grassi la dotava di vari beni. Tra l'altro le assegnava I'affitto che rendeva 11 lire pavesi e un pollastro a S. Martino che veniva pagato anteriormente, alla Chiesa di S. Giacomo fuori Pavia, da Zanino Provinciale di Pancarana, detto il Pagino, per una pezza di terra e di prato di 40 pertiche, e per un lotto di bosco situato al Campo dell'Ora, giacenti sul podere di Pancarana.

Nel libro della taglia imposta al Clero di Pavia, nel 1425, dal Duca di Milano (Filippo Maria Visconti), dietro licenza di Papa Martino V, la Plebs Sancti Petri di Pancarana vi fugura per fiorini 6 e grossi 9.

Nel libro dell'imbottato (ossia sul vino messo in botte) per l'anno 1461, della Cancelleria del Comune di Pavia, la squadra dei luoghi di Pancarana figura, per vino e biada, coi nomi di Tommaso de poris (forse Polli), tassato per denari 50, e di G.B. Vailati fu Giovanni per denari 60.

Notizie ampie intorno alla Chiesa ed alla vita della parrocchia ci sono date da alcune relazioni di visite pastorali. Ecco la più antica:

Visita pastorale eseguita il 23 settembre 1460.

Amico Fossolani in nome del Vescovo Card. Jacopo Ammanati Piccolomini, recatosi alla Chiesa di S. Pietro della terra di Pancarana, di dominio in temporalibus et spiritualibus del Vescovo, vi trova Don Domenico de Rodobio rettore e arciprete e visita la Chiesa in cui trova: un altare decente, ornato, calice, libri e altre cose necessarie per celebrare. Interrogato se la chiesa sia collegiata, ossia se ha canonici, chierici e cappellani e quanti, risponde che la chiesa in tempo antico, come egli crede di sapere, fu collegiata, non al presente. E ciò perché il flume Po devastò e totalmente corrose i possessi dei canonici. Solamente l'arciprete e beneficiato in questa chiesa.

Interrogato di quali redditi sia fornita la chiesa e quali ne abbia in possessi e in decime, risponde che essa ha redditi di circa 60 fiorini in possessioni e fitti e computati gli introiti del forno. Interrogato quale sia I'entrata di questo forno, risponde che questo forno per cuocere trovasi sopra il sedime della chiesa dal quale percepisce circa 25 fiorini e nessuno in questa terra puo avere un forno fuorche la stessa chiesa.

Interrogato quante case parrocchiali ha sotto la cura e quante anime da confessione e da comunione, il parroco risponde che ha circa 80 case fanno anime 500 circa.

Interrogato se tutti costoro si confessino e si comunichino ogni anno e se siano obbedienti e se vi siano usurai, incantatori, concubinari ed eretici risponde che tutti si confessano, ma molti non ricevono l'eucarestia e dice che non ci sono disobbedienti, ecc. eccetto che vi sono molte donne che fanno i segni e incanti sulle febbri e simili. Viene ingiunto al parroco che d'ora innanzi costoro se ne astengano sotto le pene di diritto. Interrogato se tenta l'Eucarestia e, in qual luogo, risponde che non ha il luogo. Il visitatore comanda che d'ora innanzi la conservi e faccia fare un luogo visibile presso l'altare, ben serrato e chiuso dove si possa conservare. Similmente la Chiesa ha il battistero ordinato, ma non ha acqua per battezzare. Volta per volta il parroco la benedice. Gli ingiunge che faccia fare un vaso di stagno per conservarla.

Interrogato se alcuni beni della chiesa siano occupati (usurpati) risponde (spazio bianco). Interrogato se ha inventario dei beni mobili ed immobili, risponde (spazio bianco).

Di Pancarana ha colto almeno il nome anche un toscano: l'ambasciatore fiorentino Giovanni Ridolfi, presso la corte del Duca di Milano Lodovico Sforza, detto il Moro, descrive il viaggio compiuto nel 1480 da Genova a Milano.

Tra l'altro dice: "Pancherana e usa villa discosto a Voghiera miglia 6 dove a dì 18 settembre (1480) albergamo. Po è il sopradetto fiume presso a Pancherana uno miglio, dove si passa colla barca. Pavia è una bella città discosto a Pancherana miglia 8 presso alla quale, circa a un miglio e mezzo, passa uno ramo del Tesino che la chiamano il gravalone dove si passa colla barca".

Ed ecco un altro documento di carattere fiscale. Si tratta di un estimo fatto nel 1471 da Cristoforo Pratella che era confidente e Vicario generale del Cardinale Vescovo Ammanati:

Archipresbiteratus Pancharanae Matheus de Robiis L. 80, soldi 0.

Estimo 1461 id. M. de Robiis L. 80.

1483 L. 80, soldi 2.

Ne si creda che il paese nostro in questo secolo fosse, fuori della propria cerchia, sconosciuto affatto. Chè rilevasi dalle vicende della flota ducale viscontea e sforzesca che da Pancarana prendevansi, come da alcuni altri luoghi situati sul Po, dei buoni navalestri.

 

VII. Il secolo XVI

 

E il secolo d'oro per l'arte di Pancarana. Il pittore pavese Bernardino de' Rossi molto apprezzato nella nostra provincia, forse per invito ed a spese di qualche famiglia cospicua del paese, dipinse, l'anno 1505, sulle pareti della chiesa, la vita di N.S. Gesù Cristo ed altre scene le quali, benché deturpate vandalicamente nei secoli successivi, e solo in parte rimesse in luce dopo il 1896, meritano davvero di essere vitate e ammirate.

La chiesa è decorata inoltre da affreschi di altri pittori vissuti in epoche successive.

La dominazione spagnola contribuì alla decadenza dell'arte, delle scienze, delle lettere, dell'industria e dell'agricoltura in Italia; le epidemic frequenti e le pesti depauperano sempre più la popolazione la quale anche qui diminuì notevolmente.

I beni di proprietà della Chiesa e dell'Arciprete furono in questo secolo, cospicui, come risulta da una scrittura della metà del sec. XVI.

I beni, che nel documento si trovano sotto la denominazione di Cervesina, erano così ripartiti:

 

 

Arciprete di Pancarano

Pertiche 19

Prete Baptista de Paulo

Pertiche 24

Boscate de Pancarana

Pertiche 70

A Pancarana

Pertiche 400

Chiesa de S. Petro de Pancarana

Pertiche 196

Prete Baptista de Paulo

Pertiche 225

 

Dell'Index sacerdotum penes ecclesias Monasteria Hospitalia, anno 1547, risulta:

Arciprete Joannes Baptista del Paulo: Reddito L. 110, tassa L. 11, questa forse dovuta al ducato di Milano.

Che Pancarana potesse anche dar da vivere a notai, risulta dalla preziosa Matricola che si conserva nell'archivio notarile di Pavia.

Questa ci segnala un Cristoforo de Paulo di Antonio, entrato notaio il 6 Dicembre 1522; mentre tra le filze dei Notai trovansi quelle molto numerose di due altri notai di Pancarana: Gio Paolo Cattaneo che rogd dal 1592 al 1644, e Gio Francesco Conna che rogò in Bastida P. dal 1581 al 1594. L'esplorazione degli atti loro ci mostra che il ministero loro non si limitava al solo paese ma che anche nei paesi vicini trovavano una larga clientela.

In una lettera a Mons. Ippolito Rossi, Vescovo di Pavia, S. Carlo la informa che il Papa, contrariamente al desiderio di un certo prete Mauro, aveva già provvisto del beneficio parrocchiale di Pancarana un altro sacerdote; e insieme lo prega di immettere il nuovo nominato nel possesso del beneficio medesimo. Peccato che il Borromeo non ne abbia fatto il nome! Probabilmente era il successore dell'arciprete G.B. de Paoli.

S. Carlo Borromeo a Mons. Rossi - 1565.

"Ho veduto quanto V.S.R. mi scrive sopra il beneficio di Pancarana rinunziato in man sua la qual resignatione non può altrimenti haver luogho non essendo il resignante sopravvissuto li venti giorni che la regola di necessity ricerca, ma appena per quanto si è inteso la metà del tempo: per il che venendo a vacar per morte et nel mese riservato a N.S., sua s.tà ne ha fatto la colazione in persona d'un cugino del mio Credencere il quale come dicono è stato approvato da V.R. et ha prestata l'obbligatione di risedere tal che la cosa non è più integra et perciò la prego ch'in esecutione della mente et gratia di N.S. et anco per amor mio voglia ammetterlo al possesso pacifico del beneficio suddetto et il prete Mauro essendo egli della sufficienza che V.S. testifica potrà facilmente esser con-solato in qualch'altra occasione et io volentieri per satisfare a V.S. mi impiegarò dove io possa a beneficio suo et me la offero con tutto l'animo".

 

VIII. Visita apostolica eseguita il 27-8-1579

 

Il visitatore apostolico, Mons. Peruzzi, si reca alla chiesa di S. Pietro, arcipresbiterato senza canonici, che trova bene soffittata e pavimentata, dipinta, di cui è titolare l'arciprete Don Pietro de Collis.

I redditi sono 380 lire imperiali. Trova molte reliquie: tra esse una grossa chiave asserita miracolosa per i morsicati dai cani, recata da Roma da un antico arciprete. Il visitatore ne proibisce l'uso.

La parrocchia si estende a circa due miglia. Una cappella di patronato S. Giovanni Battista de Restis et de Gellis che è distrutta per ordine del Vescovo per costruirla in altro luogo.

Attualmente il cappellano Bernardino de' Guatis risiede in Pavia. Il visitatore comanda di abbattere olmi ed altri alberi nel cimitero, massime davanti alla facciata della chiesa, che la rendono oscura e di mettere l'immagine del titolare nella facciata della chiesa. Ordina di impartire l'istruzione. Il parroco chiuda il cimitero e metta in mezzo colonna e crace.

 

IX. Il secolo XVII

 

La dominazione spagnola, iniziata di diritto col trattato di Castel Cambresis del 1559, fu esiziale al nostra paese il quale, oltre alla tirannia politica ed allo sfruttamento economico, sofferse più volte epidemie di peste, di colera e di vaiolo, comuni in Lombardia ed in altre regioni d'Italia.

Gli affreschi della chiesa subirono in quel periodo forse il maggior danno, poiché le soldatesche spagnuole e gli alemanni, che furono ospiti nelle nostre terre, facevano volentieri strame dei più bei documenti esistenti negli archivi e nelle biblioteche e deturpavano senza riguardo le opere d'arte.

Notizie particolareggiate sul nostro paese non ne abbiamo. Possiamo riferire, però, usanze, forse in voga anche in altre terre, di cuocere il pane in comune ai forni su cui il prete esercitava da secoli il diritto di privativa e di tributo che altrove, e forse anche da noi, si chiamava fornagio o fornatico.

A conferma di quanta sopra, citiamo il testo di un inventario dei beni della chiesa parrocchiale fatto dall'arciprete Domenico Mangherio il 6 maggio 1693.

Il documento fra I'altro dice: "Due forni contigui alla casa parrocchiale con la sua casa avanti, al li quali sono obbligati a cuocere tutti li abitanti sopra il territorio di Pancarana, afittato a Domenico Ratti al prezzo di soldi 102. E perché li habitanti alla cassina Masa causa la lontananza non possono venir a cuocere alii forni, ciascuna cassina ha il suo forno particolare fabbricato di licenza delli arcipreti pro tempore e pagano chi due, chi tre e chi quatro mine di frumento all'arciprete alle calende d'agosto di ciascun anno come appare da diverse polizze da un istromento rogato dal Sig. B.ta Belvedio, notaro pavese sotto il di 20 Xbre dell'anno 1690 e da un altro confesso rogato dal medesimo sotto il di 30 aprile".

 

X. Il secolo XVIII

 

Non si hanno notizie particolari intorno al nostro paese in questo periodo.

Rimandiamo perciò alle notizie generali accennate nella Sotria di Bastida Pancarana unita a questo volume. Possiamo però riferire una clausola interessante anche perché accenna ai rapporti diplomatici fra due Stati.

In un documento fra il Re di Sardegna e Maria Teresa Imperatrice d'Austria, del 1751, per il regolamento delle terre cedute al primo, figurano alcuni privilegi che per necessità si dovevano conservare sino al decesso dei loro titolari. Tra l'altro sono contemplati i professori Palatini di Milano e della R. Università di Pavia, in relazione a immunità dai carichi. Tra questi ultimi viene accordata l'immunità dai carichi, che viene conservata, nella misura di L. 600, nel luogo di Pancarana al De Antonis, ""L'ettore giubilato".

Sembra dunque che Pancarana abbia avuto l'onore di ospitare negli ultimi di lui anni, o, quanto meno, di essere stata la sede degli interessi del Prof. Domenico De Antonii, pavese, che dal 1713 al 1730 insegnò nell'Università di Pavia le Istituzioni di Diritto Romano. Nell'anno 1730 fu "giubilato".

Mori di apoplessia I'8 gennaio 1754 e venne sepolto nella Chiesa di S. Maria Corte Cremona (oggi chiesa dell'oratorio festivo di S. Michele).

 

XI. Il secolo XIX

 

Pancarana ha continuato la sua vita tranquilla, sobria, laboriosa, turbata solamente dalle frequenti piene del Po che le hanno arrecato, talvolta, danni sensibili.

Nel 1859 fu teatro di un episodio della guerra austro-franco-piemontese durante il quale una pattuglia di austriaci, essendo comparsa in paese, si scontrd con una pattuglia di piemontesi ed un soldato austriaco fu ucciso da borghesi. Il padre del soldato deceduto, un alto ufficiale austriaco, giurò che avrebbe vendicato il figlio, se fosse riuscito a rioccupare il paese.

II suo, proposito, per fortuna, non potè attuarsi.

 

XII. Il secolo XX

 

Le considerazioni esposte in analogo capitolo della storia di Bastida P. sui progressi verificatisi nell'agricoltura, in questo scorcio di secolo, valgono anche per Pancarana. Anche qui la produzione agricola è stata intensificata grazie alla "Battaglia del Grano" che ha suscitato negli agricoltori una nobile gara di emulazione.

Notevole impulso fu dato ai lavori di scavo della ghiaia nel grefa del Po. Nel 1926-27 anche qui, come in territorio di Bastida, fu costruito ex novo o innalzato l'argine a difesa delle acque del vicino fiume, a spese del Demanio dello Stato e furono ridotti ad aratorio molti appezzamenti di bosco.

 

Il Palazzo Municipale e le Scuole

 

Fino al 1935, l'Ufficio Municipale e due aule scolastiche ebbero sede nella casa ora di proprietà del Sig. Barbieri Antonio fu Giuseppe.

In detto anno fu costruito il nuovo palazzo, a lato della piazza della chiesa, che comprede due aule scolastiche, gli uffici municipali, la sede del Fascio e l'alloggio per il messo.

La costruzione, su progetto dell'Ing. Dott. Domenico Villari di Pavia fu eseguita dai muratori Alpini Natale e fratelli di Pancarana e costò L. 106.000 cui il Comune fece fronte con un mutuo privato di L. 60.000 e, per la rimanente somma, con mezzi di bilancio.

Il palazzo fu inaugurato il 6 ottobre 1935.

 

Il servizio postale ed il telefono

 

Dagli atti d'ufficio risulta che nel 1865 un pedone si recava, forse due volte la settimana, a prelevare la corrispondenza all'Ufficio postale di Voghera. In seguito la corrispondenza fu prelevata all'Ufficio postale di Lungavilla, poi a quello di Bastida P. e, da circa un decennio, ancora all'Ufficio di Lungavilla.

Il servizio telefonico viene esercitato dalla S.T.I.P.E.L., dall'anno 1928.

 

Illuminazione elettrica

Servizio trasporti

 

Nel 1925 venne eseguito dalla Società Elettrica Piemonte Orientale I'impianto di illuminazione elettrica che comincia a funzionare nell'ottobre dello stesso anno. Alla spesa di L. 35.000, il Comune fece fronte con un mutuo di pari somma ottenuto dalla Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde, all'interesse del 5 per cento.

Da circa un ventennio funziona regolarmente il servizio pubblico automobilistico Pancarana-Cervesina-Voghera con una corsa al giorno nei due sensi.

Il Comune corrisponde all'Impresa un sussidio annuo di L. 1300.

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